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Pupi Avati al Lucca Film Festival, tra gotico e ricerca di perdono
Ilcinematografo
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01/10/2024
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Ma io credo, nella mia carriera, di aver fatto attorno a 54-55 film, non li ho contati,
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da quando incontrai Mario Maricelli, via del corso, qualche tempo prima che morisse, gli
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chiesi, ma Mario, tu quanti film hai fatto?
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Lui mi disse 65, io non ci arriverò mai a quel numero, quindi mi rassegno a un numero
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più basso, fra tutti questi ci sono film di generi, di vari generi, anche il genere
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gotico.
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Quale nuova sfida rappresenta per lei l'Orto Americano?
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La mia sfida è quella di tornare un cinema a cinema, addirittura in bianco e nero, che
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somigliasse a quel cinema che ci ha affascinati negli anni in cui, nel primo dopoguerra italiano,
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il cinema americano arrivava, bianco e nero, ed era straordinariamente suggestivo, ed è
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un grande capolavoro anche del neorealismo italiano.
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Io per la prima volta, dopo tanti film, ho scoperto il bianco e il nero, e l'ho scoperto
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girando sia negli Stati Uniti che in Italia questo thriller barra gotico, che mi auguro
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ottenga finalmente il consenso del pubblico italiano, come in genere i film gotici miei
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hanno sempre ottenuto.
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Quale è stato il primo film che ti è piaciuto?
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Il primo film a casa finestra che ritrovo fu, come tutti i film miei fortunati sono pochi,
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un film di recupero, nel senso che fu fatto con pochissimi soldi, in un momento difficilissimo
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della nostra carriera, come gita scolastica, come regalo di Natale, tutti film poverissimi,
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fatti con pochissimi soldi.
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A casa finestra che ritrovo in particolare fu un film girato nel Polesine con solo dodici
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persone, mio fratello che dipinse quelle bocche, insomma ognuno faceva tre o quattro lavori
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insieme, e fu un film di genere, per la prima volta un autore italiano, se mi posso considerare
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tale, scendeva, si rassegnava a fare un film di genere, e devo dire che fare film di genere
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è un'operazione invece che non scredita l'autore, al contrario, ti espone a una scommessa
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nel senso che fai un film di genere gotico, quindi devi far paura, devi spaventare, e io
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provai a fare per la prima volta questo film di genere, questo cinema di genere, ottenendo
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immediatamente un modesto, moderato successo, che negli anni, e sono passati tantissimi
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anni, a 76 oggi, un'infinità di anni, questo film si è andato via via in porsi, tant'è
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vero che certe volte mi identificano solo con questo film, avendo fatto 54 titoli, allora
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questo film che è piaciuto anche oltre i confini, a un certo punto trovandomi in giuria
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con John Landis che poi è diventato mio amico, e avendolo un periodo difficile della sua
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carriera per motivi non cinematografici ma familiari, gli proposi di fare questo film,
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e lui lo traducemmo, insomma ne parliamo, fu un'idea di mio fratello in realtà, e fu
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una cosa che rasentò molto l'affattibilità, poi succede nel cinema che improvvisamente
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le cose poi svaniscono e non si fanno più, John Landis è rimasto mio amico, ma il film
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non si è fatto, è forse meglio, è forse meglio che rimanga quella cosa che abbiamo
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fatto noi tanti anni fa. Sto immaginando una storia che riguarda la mancanza di pietà
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nell'essere umano moderno, la mancanza del senso del perdono, io ho sentito in questa
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storia del mio amico San Giuliano un incativirsi, un godere, un satireggiare eccessivo, cioè
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è un essere che è già stato sufficientemente, secondo me stigmatizzato dagli ordini di stampa
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e dei media, anche se guardassimo oltre, probabilmente lo lasciassimo un attimo in pace, sapendo
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quello che sta vivendo lui, sarebbe un'operazione umanamente condivisibile, purtroppo questo
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mondo non perdona, non è più capace del perdono, io voglio fare un film su questo
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mondo che non è più capace del perdono.
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Sottotitoli creati dalla comunità Amara.org
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