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Guardarsi allo specchio e vedersi fisicamente deboli, meno muscolosi di quanto basti. Questo disturbo si chiama complesso di Adone ma è conosciuto anche come anoressia inversa o vigoressia. Secondo l’Istituto di Fisiologia Clinica, in Italia colpisce oltre 60.000 persone in prevalenza uomini e ragazzi, d’età compresa tra i 19 e i 35 anni, e con una incidenza superiore al 10% tra i bodybuilder.
La vigoressia si nutre delle ferite profonde che si annidano nell’autostima delle persone, peggiora con l'arrivo dell'estate e la prova costume ed è causata soprattutto dai social media ma non solo. Come spiega Filippo Perotto, co-founder di Lilac-Centro DCA: «A differenza di quello che si può pensare, la vigoressia non nasce dai social o dalle palestre, ma da un intreccio complesso di fattori psicologici, biologici e culturali. I social, certamente, amplificano e normalizzano l’ossessione per la performance fisica e il corpo ipermuscolare. Corpi un tempo considerati ideali, come quello di Brad Pitt in Fight Club, oggi vengono ridicolizzati online e descritti come troppo piccoli»
Qual è la soluzione? «Il trattamento di questo disturbo richiede un approccio integrato: psicoterapia, supporto nutrizionale, monitoraggio medico e soprattutto uno spazio sicuro in cui poter ripensare il valore personale al di là dell’apparenza. Ma serve anche una riflessione collettiva sulla cultura del corpo maschile». Perché il body shaming non riguarda solo le donne!

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