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  • 12/06/2025
https://www.pupia.tv - Roma - ​Fuoriclasse. Otto storie inedite per celebrare i vent'anni di scuola di giornalismo Lelio Basso - Conferenza stampa di Fabio Porta (12.06.25)

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Trascrizione
00:00Allora, buonasera a tutti, sono particolarmente contento, emozionato, anche onorato di dare
00:16il benvenuto in questa sala, nella sala stampa della Camera dei Deputati, alla Fondazione
00:25Lelio Basso, alla quale mi lega un sentimento di particolare vicinanza, amicizia, solidarietà,
00:39la mia storia politica e parlamentare, prevalentemente legata al Brasile, oltre che a tutta il Sud
00:50America. E so, sappiamo, insomma, noi che abbiamo anche seguito in questi decenni l'evolversi
01:03della democrazia in questo continente, quanto la Fondazione Lelio Basso sia stata e sia
01:11importante per quel continente, per la lotta che, soprattutto negli anni duri delle dittature
01:22sudamericane, è stata sostenuta in Italia ed è proseguita poi anche con la memoria, con
01:32l'archivio, con tante iniziative e con il grandissimo lavoro che Linda Bimbi, che voglio
01:41qui ricordare, ha portato anche alla Fondazione, vent'anni fa, di questa iniziativa della quale
01:49parlerete e che è un po' il contenuto di questo bel volume che avremo modo di dire
02:02di conoscere. Leggevo, adesso sfogliando, ovviamente non potevo non sbirciare la presentazione
02:12del Presidente Lula, che ovviamente ha voluto partecipare a questa iniziativa, insomma, conoscendolo
02:22non per un semplice atto così di gentilezza, di generosità, come si fa spesso quando si
02:29chiede la presentazione, è un personaggio illustre, ma perché sappiamo come il Presidente
02:35Lula sia personalmente vicino e anche debitore così umanamente e politicamente all'Inda Bimbi,
02:46alla Fondazione Basso, a tutti coloro che qui in Italia hanno seguito la sua traiettoria
02:53e continuano a sostenerlo. Tra l'altro, ecco, vedevo che nella bella presentazione Lula cita
03:00un'altra persona alla quale sono stato particolarmente legato, che è Mimo De Masi, che oggi manca
03:10a tutti perché manca l'Italia, manca al nostro rapporto col Brasile e con il mondo. Lula cita
03:21questa bella frase di De Masi che forse vale la pena anche citare in questa occasione.
03:28La forza di un Paese non risiede solo nella sua crescita economica, ma soprattutto nella
03:33sua capacità di distribuire equamente la ricchezza, il lavoro, il potere, la conoscenza, le opportunità
03:41e le tutele. E Lula poi continua dicendo che non poteva essere altrimenti per una persona
03:50che sta dando la vita proprio per la lotta alle disuguaglianze, alle ingiustizie, che la
03:55disuguaglianza non è soltanto un problema sociale, ma una minaccia reale alla democrazia,
04:01alla sostenibilità e alla pace mondiale. Ed è drammatico, a volte, le parole scritte,
04:11dette mesi fa, anni fa, poi si rivelano drammaticamente attuali. E oggi, come forse mai, dal dopoguerra
04:22oggi, vediamo come davvero la democrazia è minacciata proprio in quei Paesi che sembravano
04:29no, essere Paesi simbolo, Paesi riferimento per la democrazia. E come da questo punto
04:37di vista, oggi anche qui possiamo dire più che mai, anche alla luce ne parlerete anche
04:44voi, perché poi il giornalismo si incrocia con la comunicazione, con le tecniche di comunicazione,
04:50con le nuove modalità con la quale la comunicazione si afferma e viene anche contaminata, contagiata,
04:59a volte confusa, come la lotta per la difesa della democrazia, passi soprattutto da una lotta,
05:09da un impegno sociale, prima ancora che politico, per un giornalismo che sia davvero la fonte
05:19di un'informazione diffusa, corretta, capillare, trasparente, che poi è la vera base di ogni democrazia.
05:29La democrazia senza informazione non può avere una partecipazione consapevole. Spesso ce ne si dimentica,
05:39forse ce ne siamo accorti, e concludo, insomma, negli ultimi anni, proprio a causa di questo
05:45imperversare di una dinamica comunicativa inquinata, condizionata, e allora abbiamo capito che forse
05:55la comunicazione, quella vera, quella seria, quella profonda, era ed è la vera base della
06:01democrazia che dovremmo riscoprire. Quindi per questo il vostro lavoro, lo dico a Marina,
06:08lo dico agli amici, ai due Andrea, che sono qui a fianco, e a tutti coloro, poi che hanno
06:15anche partecipato a questo volume così importante, per questo sono anche molto contento e onorato,
06:23come dicevo all'inizio, di farvi da prepista. Cercherò di rimanere, anche se so che mi stanno
06:30cercando da un'altra parte. Quindi intanto mi fermo un pochino, sperando poi magari di andare
06:37e di tornare prima della conclusione. Grazie a tutti e buon lavoro e buona presentazione
06:43del libro.
06:48Grazie all'onorevole Porta che ci ha invitato a tenere qui questa presentazione. Si tratta
06:58di questo libro. Questo libro l'abbiamo voluto fare perché celebra appunto quello che per
07:05noi è un traguardo, neanche tanto scontato, 20 anni di vita di questa scuola di giornalismo.
07:12Sul libro poi parleranno meglio i miei colleghi. Io dico solo due parole per dire che la scuola
07:17di giornalismo, lo ha già ricordato l'onorevole Porta, è nata dalla determinazione di Linda
07:23Bimbi, che rappresenta un po' l'anima, l'ispirazione internazionale della Fondazione Basso,
07:31e di un gruppo di giornalisti come Maurizio Torrealta, Massimo Locchi e poi diversi altri.
07:38Ed era, che tra l'altro in quel momento erano, vent'anni fa, erano le persone di punta
07:45della redazione di Ray News 24, che era tra l'altro un'esperienza in quel momento anche
07:52molto nuova ed avanguardia. Quindi insomma era l'incontro tra la cultura dei diritti propria
07:59della Fondazione Basso e un gruppo di professionisti che volevano promuovere un giornalismo indipendente
08:06e critico. L'idea di fondo della scuola era allora ed è sempre rimasta e resta oggi quella
08:12di insegnare a usare gli strumenti del mestiere, con un'impostazione anche molto pratica, ma
08:19allo stesso tempo anche dare chiavi di lettura per interpretare gli eventi, per metterli nel
08:24contesto, per dargli un senso, quindi anche imparare a fare inchiesta, eccetera. Diciamo,
08:31Linda Bimbi diceva la palestra delle idee, ragionare sul presente. Nei vent'anni di vita
08:39naturalmente la scuola poi si è molto trasformata, anche perché si è trasformato molto l'ecosistema
08:44dei media intorno a noi. Diciamo, da allora in parte è accelerato il declino della carta
08:53stampata, anche se poi ci sono notevoli eccezioni a questo proposito. Sono sorti e si sono rafforzate
09:01una serie di nuovi media. È cambiato quindi anche il modo di assumere le informazioni.
09:06Le persone assumono informazioni molto attraverso i social media che privilegiano molto la velocità,
09:15i titoli in pillole, le notizie in pillole, eccetera. E però contemporaneamente, diciamo,
09:22da un lato le notizie ridotte a pillole, a titoli o immagini, eccetera, però è tornato
09:27anche molto in auge il reportage lungo, che è un vecchio genere giornalistico, però è ritornato
09:33molto in auge. Sono nate nuove piattaforme online, nuove testate, nuovi modi di declinare
09:40il giornalismo. Quindi super veloce, però anche lento. E questo ha costretto la scuola
09:46anche molto a cambiare, ad aggiornarsi. Vent'anni fa la parte pratica della scuola erano i laboratori
09:54di scrittura, che ovviamente resta la base sempre di tutto, e poi le videoriprese e montaggio.
10:00Poi si sono aggiunte la radio, si sono aggiunti il web, il podcast, il radio e fotogiornalismo,
10:10e poi in futuro chissà. E questo però, siccome il giornalismo è un mestiere che si impara
10:18praticandolo, la scuola chiede sempre di fare delle esercitazioni, di produrre, una volta
10:26erano i web doc, adesso sono i long form, cioè dei lunghi reportage, dei piccoli podcast,
10:32dei servizi in video, perché queste cose si imparano facendo. E contemporaneamente continua
10:38a dare molta importanza al giornalismo d'inchiesta, al reportage. Insieme proponiamo la scuola dura
10:47da ottobre a giugno, quindi diciamo un anno accademico, grosso modo, in cui ci sono anche
10:54poi moduli, lezioni, discussioni sui diritti umani, i diritti dei popoli, l'economia, la
10:59politica internazionale, la storia del giornalismo, l'inchiesta. Diciamo, questa doppia impostazione
11:07di imparare a usare gli strumenti del mestiere, ma anche a ragionare sulle cose, resta l'impostazione
11:15di fondo della scuola. E questo, forse l'unica cosa che ancora aggiungo, è che la scuola è
11:21diventata per molti aspetti una comunità e di questo siamo anche molto orgogliosi, nel
11:25senso che tra gli ex allievi si sono formati spesso dei legami sia personali che professionali,
11:33sono nati dei collettivi, ormai diversi, giornalisti, giovani giornalisti che lavorano insieme su
11:42dei progetti, cercando insieme finanziamenti, condividendo i contatti, discutendo del lavoro,
11:48eccetera. Molti poi tornano a mostrare i loro lavori, vincono premi, li sentiamo nelle rassegne
11:55stampa, questo siamo molto orgogliosi e alcuni di loro poi sono oggi docenti della scuola
12:01e anche questo ci sembra un ottimo segno. Insomma, se l'ecosistema dei media è cambiato
12:08e quindi anche la scuola, le tecniche, eccetera, quello che non è cambiato è l'urgenza per
12:14un'informazione plurale, indipendente e il modo di fare buon giornalismo, che è cercare,
12:20verificare, andare a vedere, tornare magari a vedere, sentire diversi punti di vista, cercare
12:28di rappresentare diversi punti di vista, cercare, indagare, dare la profondità di campo.
12:35E per questo abbiamo pensato che il modo migliore per celebrare questa storia fosse appunto
12:42un libro in cui, certo, riportoriamo un po' questa storia in alcuni interventi iniziali,
12:48ma in cui il centro sono dei reportage che abbiamo chiesto di realizzare a nostri ex studenti.
12:55Di questo parleremo meglio, ma intanto vorrei dare invece ora subito la parola a Andrea Mulas,
13:01perché noi abbiamo scelto, a ispirazione di questi reportage, l'articolo 3,2 della Costituzione
13:10italiana, che è quello ispirato da Lelio Basso. A te spiegarci perché.
13:16Diciamo che il pensiero bassiano è concentrato nell'articolo 3 della Costituzione e tutta la vita
13:26di Lelio Basso e anche poi di Linda Bimbi è caratterizzata dall'affermazione a livello
13:33internazionale anche dell'articolo 3 della Costituzione. Pensiamo ad esempio all'impegno
13:41di Basso come relatore principale del Tribunale Russell sul Vietnam, oppure all'attenzione e sensibilità
13:50verso i movimenti di liberazione che erano esplosi agli inizi degli anni Sessanta in America
13:56Latina e anche a quelli di liberazione del continente africano. E la stessa attenzione
14:04poi utilizzando l'esperienza del Tribunale Russell sul Vietnam viene applicata per denunciare
14:11le dittature, come è stato appunto già detto dall'onorevole Porta, le dittature latinoamericane
14:17che si affermano dalla metà degli anni Sessanta. E questo impegno, questa passione appunto per
14:28la difesa dei diritti che viene enunciata nell'articolo 3, viene codificata a livello
14:33internazionale nella nuova categoria dei diritti dei popoli che fino ad allora, a metà degli
14:40anni Sessanta, non esisteva. E viene codificata proprio dall'Elio Basso, viene messa per iscritto
14:45nella dichiarazione universale dei diritti dei popoli, nota come Carta di Algeri nel 1976.
14:53Qual è il firruge che lega l'articolo 3 al diritto dei popoli? Che sostanzialmente con
15:01la categoria dei diritti dei popoli, l'Elio Basso voleva assurgere i popoli anziché gli Stati
15:08a nuovi soggetti del diritto internazionale. E in sostanza significava difendere il principio
15:16di autodeterminazione dei popoli e affermare il controllo delle risorse naturali e delle
15:22risorse economiche di quei popoli nei propri paesi. Che sostanzialmente è quello che prevede
15:28dell'articolo 3, ovvero la rimozione degli ostacoli per la piena affermazione del principio
15:32di uguaglianza sostanziale. E questo si lega direttamente con la scuola di giornalismo
15:40che era stata inventata come pensata da Linda Bimbi, come ha detto Marina Forti, come palestra
15:48delle idee. Perché? Perché il giornalismo, sapete meglio di me, rimuove i veli che celano
15:54le ingiustizie, le differenze sociali, le disuguaglianze, analizza le distorsioni del
16:02potere e le denuncia. Ebbene, allo stesso modo l'Elio Basso, nei primi anni 70, insieme
16:08a Linda Bimbi, che veniva da una importantissima esperienza in prima persona nel campo dell'insegnamento
16:15in Brasile, entrambi svolgono questo ruolo di analisi dei sistemi del potere, di analisi
16:22del status quo e di denuncia, attraverso i due organismi internazionali che proprio loro
16:29fondano, ovvero il Tribunale Russell sull'America Latina nei primi anni 70 e poi il Tribunale
16:34Permanente dei Popoli nel giugno del 79, che ancora prosegue le proprie attività.
16:40Ecco, questa in sostanza viene applicato da Lelio Basso e da Linda Bimbi, l'articolo
16:473, nel panorama internazionale. E tutto questo avviene con una vocazione liberazionista
16:55che viene esplicitata. Vi riporto un passaggio di una lettera di Linda Bimbi a Raniero Lavalle
17:03alla fine degli anni 80. All'epoca Linda era la segretaria generale della fondazione internazionale
17:09Lelio Basso, e Lelio Basso era scomparso nel 1978, quindi da quasi un decennio, e Linda
17:16aveva assunto le redini della fondazione Basso a livello internazionale. Bene, Linda scrive
17:22che gli strumenti della battaglia politico-culturale del XXI secolo, ovvero il nuovo terreno su cui
17:29confrontarsi, sono l'informazione e la ricerca non fine a se stesse, ma funzionali agli obiettivi
17:36di liberazione dei popoli. Ecco, quindi vi è in Lelio Basso, a partire dall'articolo
17:433 e in Linda Bimbi, nel suo impegno dal punto di vista internazionale, una vocazione, una
17:50prospettiva liberazionista che è caratterizzata dall'affermazione dei diritti umani e dei diritti
17:55dei popoli a 360 gradi per la piena applicazione del principio di uguaglianza che è sancito
18:02appunto dall'articolo 3. Mi ringrazio.
18:10Grazie Andrea Mulas. Io ora passo la parola all'altro Andrea, Andrea Battistuzzi, che è
18:16anche un docente, che è un giornalista ed è un docente della scuola, perché noi abbiamo
18:22puntato molto in questo libro, diciamo come modo per celebrare i vent'anni, proprio sul
18:28lavoro giornalistico.
18:30Sì, buongiorno a tutti. È bello vedere un sacco di ragazzi qui che sono passati in questi
18:36anni per la nostra aula. Quest'anno la scuola compie vent'anni e nei mesi scorsi, già dall'anno
18:44scorso ci siamo interrogati su come avremmo festeggiato questo traguardo che non è affatto
18:49banale nell'epoca di oggi, anche visto come la fondazione, insomma come la scuola si alimenta
18:55e eravamo tutti d'accordo nell'idea che la cosa più bella fosse farlo raccontare attraverso
19:03quello che la scuola ha fatto, che siete voi, insomma che sono i ragazzi che sono passati
19:07dai nostri banchi e attraverso il lavoro che hanno imparato a fare in gran parte, molti
19:10già lo sapevano fare prima ma insomma hanno approfondito, hanno imparato a farlo grazie ai mesi
19:16passati nella scuola e abbiamo pensato che l'idea più bella fosse quella di sfruttare
19:22gli strumenti, quindi lo strumento dell'inchiesta e del reportage che hanno imparato nella scuola
19:27proprio in collegamento con quello che diceva Andrea anche come significato, qual è il ruolo
19:34dell'informazione all'interno della nostra società e anche va riconosciuto da un punto
19:38di vista costituzionale questo ruolo, tant'è vero che l'articolo 21 è nella prima parte
19:42della Costituzione e non è a caso e abbiamo pensato che fosse bello che i reportage dei
19:49ragazzi fossero relativi al principio di disuguaglianza, quindi vedere oggi a 70 anni di distanza qual è
19:57lo stato delle uguaglianze nel nostro paese, che appunto siamo, se abbiamo fatto passi indietro
20:02e poi dei passi avanti e poi dei passi indietro. I ragazzi ci hanno proposto argomenti veramente
20:09un po' un ventaglio di proposte, ne abbiamo selezionate solamente otto, su tutti gli argomenti,
20:17quindi dai braccianti alle carcere, i detenuti alla cittadinanza, quindi è giusto che si presentino
20:24loro. Io mi limito a dire che la scuola si concentra, sin dalla sua fondazione, sull'approfondimento
20:29giornalistico e che questa scelta all'epoca non era scontata perché diciamo 20 anni fa
20:37eravamo in un mondo dell'informazione per quanto vicino, molto diverso da quello di oggi e che
20:42secondo me non è, si è rivelata una scelta estremamente lungimirante, ancora più di quello
20:47che si potesse pensare all'epoca e secondo me, poi chiudo, è lungimirante da due punti
20:54di vista, uno è quello che diceva Marina, nel senso che rispetto al 2005, oggi il giornalismo
20:59è un giornalismo mordi e fuggi, per lo più, e noi stessi da fruitori di informazione spesso
21:04leggiamo quasi solo i titoli, a volte nell'articolo non c'è neanche quello che si legge nel titolo,
21:09quindi uno l'approfondimento inteso come contrasto a questo stile di informazione, questa è una
21:17cosa su cui la scuola punta moltissimo. Il secondo aspetto sono le fake news, quelle che noi oggi
21:22banalmente chiamiamo fake news, che vent'anni fa esatti, io non credo di aver neanche sentito
21:26nominare all'epoca, forse in qualche nicchia, ma è che oggi invece sono un elemento assolutamente
21:35fondamentale, in quello che diceva anche prima Andrea, e cioè nel contrasto alla democrazia,
21:43quindi anzi sono diventato uno strumento di battaglia politica, quindi quello che la scuola
21:48si prefigge di fare nei suoi mesi di corso è anche proprio l'approfondimento, quindi
21:53contattare fonti, cercare sempre più fonti, sentire le storie delle persone andare sui
22:00posti, che sono cose che oggi si fanno molto poco, e sempre meno almeno.
22:05Allora io vorrei, abbiamo una mezz'ora di tempo scarsa, in cinque minuti ciascuno, sarebbe
22:11bello se i ragazzi presentassero un po' i loro lavori, io volevo partire da quello che forse
22:16è un po' più di attualità come lavoro e che rende anche questo libro di attualità
22:20in questi giorni, Giuseppe Assano Algado, che adesso viene, sì sì, certo, io le facciamo
22:28sedere in fondo, dico di attualità perché il suo reportage è un reportage che parla
22:34di italiani senza cittadinanza, è un argomento da prime pagine dei giornali in questi giorni
22:41per il referendum di domenica scorsa, è un tema in cui c'è molta diseguaglianza, da
22:49tanti anni se ne parla, e se posso, diciamo, si legge fra le righe che più che diseguaglianza
22:55si parla di avere proprio discriminazione, forse non si può chiamare anche discriminazione.
22:59Ci vuoi raccontare un po' il tuo reportage? Qual è lo stato della diseguaglianza?
23:06Diciamo che, esordirei dicendo che purtroppo questo è un paese profondamente attraversato
23:11da diseguaglianze e tutte le storie che ci sono nel libro, insomma, che hanno scritto
23:15i colleghi, lo dimostrano. Insieme a Maria Economo abbiamo deciso appunto di raccontare
23:20una di queste, che è poi la diseguaglianza che attiene alla sfera politica, questo significa
23:25avere diritto di voto, sentirsi cittadini di un paese, purtroppo oggi per migliaia di giovani
23:30non è così. Non è così, sono persone cresciute qua, perfettamente integrate, poi bisogna
23:37anche capire cosa vuol dire perfettamente integrate nel nostro paese, hanno amici qua, hanno famiglia
23:42qua e a differenza dei propri coetanei non sono cittadini. Non lo sono perché appunto c'è
23:50una legge del 92 che proprio questo fin di settimana c'è stato un referendum che ha provato
23:56insomma a modificare, con risultati che poi se vogliamo possiamo anche analizzare, insomma
24:03è uno dei quesiti che ha ricevuto anche un alto tasso di no e questo bisogna anche andare
24:08a cercare le motivazioni del perché poi si è arrivati anche a questo voto. Ma bene o male
24:14questo è perché la cittadinanza oggi è una concessione per migliaia di giovani, quindi
24:20nel momento in cui un diritto diventa concessione automaticamente si crea subito una diseguaglianza
24:25e quindi vengono imposte tutta una serie di barriere, la legge prevede tutta una serie
24:29di barriere come residenza continuativa a 10 anni, un reddito, di essere un cittadino
24:34modello e poi abbiamo analizzato tante storie che evidenziano proprio discriminazioni anche
24:40in prefettura nel momento in cui si va ad analizzare le domande dei singoli, tante vengono
24:45rigettate per semplici errori anche legati ai nomi o a traslitterazioni, trascrizioni fatte
24:50male a segno degli uffici, banalmente si chiedono anche documenti nei paesi d'origine
24:55che è quasi impossibile da reperire per tante persone e così insomma noi insieme
25:01a Marika abbiamo deciso di impostare l'articolo basato molto sulle storie perché penso attraverso
25:08le storie poi si ha una percezione del reale impatto della diseguaglianza e così ci sono
25:14le storie di Francesca che lei è italiana però non si sente italiana perché è estremamente
25:19discriminata, di continuo, le vengono chieste anche di che origine è, che lingua parla,
25:24se si sa parlare di italiano, lì c'è tutto un discorso molto più approfondito di impatto
25:28psicologico che ha a che fare con l'identità insomma della persona. Oppure c'è la storia
25:33di Marta, Marta che è di origine canese, la famiglia negli anni 2000 dal Ghana viene in Italia,
25:41lei nasce prematura in Libia a Tripoli e viene dopo una settimana e mezzo in Italia e non
25:48in città in italiana, suo fratello sì perché è nato qua. Quindi ecco questo crea anche
25:53una sorta di diseguaglianza all'interno di un luco familiare stesso. Ci sono tante persone
25:59che ci hanno raccontato che devono saltare giorni di scuola per andare a rinnovare il
26:03permesso di soggiorno in questura, questo ha un certo effetto nei confronti di persone,
26:07di ragazzi e ragazze adolescenziali. Insomma diciamo che poi noi questo lavoro abbiamo fatto
26:15un anno fa, l'ultimo anno poi per fortuna l'attenzione mediatica sul tema è aumentata
26:20sempre di più arrivando fino appunto alla scorsa settimana. Ora la speranza è che anche
26:24con l'obiettivo sarebbe anche quello di mantenere l'attenzione alta nonostante il referendum.
26:31Senti Giuseppe, velocissimamente a me faccia molto l'aspetto psicologico e sociale di queste
26:37persone che tra l'altro diciamo è un tema interessante anche al contrario, cioè anche per gli italiani
26:42che emigrano, tra l'altro penso che l'onorevole Porta conosce molto bene questo argomento,
26:46che è questo di sentirsi né italiano all'estero, lì al contrario per una discriminazione a volte
26:52verso gli italiani che sono emigrati, quindi noi non li sentiamo italiani e nel loro paese
26:57non si sentono argentini o brasiliani allo stesso modo. Quanto si sentono italiani questi
27:02ragazzi che avete conosciuto?
27:04Tanto, tanto, nel senso dicono che questo è l'unico paese in cui hanno vissuto quasi dalla
27:09nascita e che conoscono alla perfezione, che hanno magari anche fatto dei lavori qua,
27:14hanno lavorato, hanno amici, hanno partner, insomma loro poi ci dicono sempre, Marta diceva
27:20vado in canna, mi dicono che sono italiana, sono in Italia, mi dicono che sono canese e quindi
27:24insomma questo crea anche tutto un domandarsi anche sull'identità e chiudo, poi trascio la
27:32parola, manca anche sostegno psicologico per queste persone, nel senso che gli psicologi,
27:39oggi in Italia non hanno una formazione specifica per avere in cura pazienti che provengono
27:46da un background migratorio e questo per termine motivazioni perché l'Italia, a differenza
27:51di altri paesi europei, non è pronta ancora, non ha fatto i conti con la realtà di oggi,
27:58che è del 2025 totalmente diversa rispetto a quella del 92.
28:00Grazie Youssef, che tra l'altro è un giornalista di domani, non l'ho presentato, ma è un giornalista
28:08di domani che può essere uscito dalla nostra scuola, fa documentari premiati e quant'altro.
28:14Sulla cosa psicologica io mi aggancio al reportage che hanno fatto altre due ex studentesse,
28:20che sono Federica Rossi e Susanna Ruggia, Federica se vuoi venire, che si collega direttamente
28:26con quello che stavi dicendo tu adesso. Loro hanno affrontato il tema invece del sostegno
28:32psicologico ai migranti direttamente e quindi di capire che diritto hanno i migranti o le
28:39persone che arrivano nel nostro paese di avere un sostegno da parte del sistema sanitario
28:46nazionale, perché poi alla fine di questo stiamo parlando e tra l'altro è un tema che è un tabù
28:50per gli italiani, quindi figuriamoci quanto può essere un tabù per un migrante. Ci racconti
28:56perché Federica è un diritto il sostegno psicologico o se lo è, insomma, se rientra,
29:03voi avete parlato anche con dei giuristi nel corso del vostro reportage, perché è un diritto
29:07o perché sarebbe un diritto il sostegno psicologico a chi arriva molto spesso traumatizzato
29:13con dei shock molto pesanti. Grazie Andrea, buonasera a tutte e tutti,
29:19buon pomeriggio. Sì, il capitolo che abbiamo scritto insieme a Susanna Ruggia si chiama
29:25Migrare stanca e va a toccare appunto quello che è il tema della salute mentale delle persone
29:31che hanno avuto un background migratorio. L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute
29:41non come un'assenza di malattia, ma come uno stato complessivo di benessere fisico, psicologico
29:47e sociale. Quindi quando parliamo di salute non parliamo di assenze, parliamo di diritti,
29:52parliamo di uguaglianza. Abbiamo voluto approfondire il tema della salute mentale delle persone
29:59migranti come una risposta giornalistica e quindi un impegno attivo di informazione, come risposta
30:09a dei titoli, come si diceva prima, strillati, molto veloci e con l'obiettivo di andare a trovare
30:18appunto le origini poi di alcuni fenomeni. Quindi si urla spesso appunto a persone che impazziscono
30:25per strada o che non fanno niente, appunto nulla facenti e siamo andati allora a studiare
30:32i report scientifici dei maggiori istituti psicologici, psichiatrici e etnopsicologici
30:40perché appunto come si diceva prima serve una specificità per le questioni che si affrontano
30:46e quello che emerge è che l'80% delle persone con background migratorio soffrono oggi di ansia,
30:53disturbo post-traumatico e depressione. E quindi ecco abbiamo riscontrato che c'è un po'
31:01questa crisi silenziosa di cui non si parla, oppure quando se ne parla appunto si guarda
31:08solo al fenomeno finale, quindi persone appunto che vivono il cosiddetto disagio sociale.
31:14Ci siamo quindi addentrate nel mondo dell'etnopsichiatria e quello che abbiamo scoperto fondamentalmente
31:24è che il sistema d'accoglienza italiano da un lato è totalmente assente e anche incapace
31:31di affrontare quella che appunto noi definiamo come crisi perché è una crisi in corso e da
31:38un lato quindi appunto i pochissimi servizi psicologici che esistevano sono stati eliminati
31:43con il decreto cutro e allo stesso tempo lo stesso sistema d'accoglienza va ad acuire
31:51quelli che sono i problemi già esistenti dopo lo spostamento di queste persone. Quindi
31:57la difficoltà nell'ottenere la cittadinanza, la difficoltà nel aggiornare i propri documenti
32:02che non permettono di avere un lavoro e quindi senza lavoro poi non si può firmare un contratto
32:06di una casa, ma senza un contratto di una casa non si può rinnovare il permesso di soggiorno
32:10e quindi diventa un grandissimo cane che si morde la coda dove la salute psicologica
32:18va ad aggravarsi e non ci sono degli istituti a cui riferirsi. La nostra è stata quasi una
32:27provocazione quindi, quella di raccontare un'emergenza a cui non si sta rispondendo.
32:32Ti posso chiedere, visto che il sistema sanitario nazionale fa fatica o non presta questo tipo
32:41di servizio, voi invece siete andati in giro, avete parlato con associazioni, con tanta gente
32:46che invece cerca di dare aiuto. Ci racconti come vengono aiutate le persone che arrivano
32:51nel nostro paese e chi ci riesce?
32:52Siamo rimaste felicemente sorprese dalla rete di associazioni, terzo settore, che si impegna
33:00nel rispondere all'assenza di un supporto pubblico, istituzionale e statale a questa emergenza.
33:08Da Baobab, che risponde a una prima accoglienza, quindi fornendo dei servizi di bisogno mediato,
33:18fino a sportelli di medici senza frontiere e centri di etnopsichiatria come il Franz Fanon
33:25a Torino. E ecco, queste reti di solidarietà vanno a rispondere a dei bisogni che, come abbiamo
33:32visto, sono emergenti e fanno un ottimo lavoro e abbiamo potuto anche parlare direttamente
33:38con queste persone e anche con persone con background migratorio come Ducler. Ci tengo a dire il suo
33:47nome, si chiama Ducler Ngongang Kamaleu, è un giovane del Camerun che è stato il nostro
33:54protagonista nella storia e segue tutto il testo che vi invito a leggere.
33:58Grazie.
33:59Grazie, grazie Yussef.
34:06Chiamerei Marco Mastrandrea.
34:09Ciao Marco.
34:12Allora, io penso non potesse mancare all'interno di un libro che comunque ha alle spalle la Fondazione
34:19Basso e i decenni di lavoro fatto sia dalla Fondazione che dall'Elio Basso, un reportage
34:28che riguardasse direttamente il mondo del lavoro e in particolare quello che forse nel nostro
34:34immaginario è il simbolo un po' delle disuoglianze, almeno lo è stato nel corso del Novecento, che
34:39è la classe operaia, i lavoratori, la fabbrica. Marco ha fatto un reportage molto bello insieme
34:47con Maurizio Franco sulla evoluzione della lotta di classe, possiamo dire così. Ci racconti
34:55come è andata a finire, perché il vostro titolo è già, il titolo del vostro capitolo, è
34:59già diversa, è uno spoiler, no? Cioè non è andata in paradiso parafrasando un celebre
35:04titolo cinematografico degli anni 70.
35:07Eh, come sta, quindi? Non sta un granché, diciamo, questa lotta.
35:10Come è andata a finire, c'è le disuguaglianze, poi come si sono evolute, sono progredite, regredite?
35:16Eh, le disuguaglianze si sono fatte grandi, sono diventate adulte, hanno preso tanto spazio
35:22e noi appunto siamo partiti da un lavoro di 150 interviste nei confronti con delle persone
35:32che negli anni 50, 60 e 70 lavoravano. Dalla Mondina di Vercelli fino al bracciante di Avola,
35:41quindi nel profondo sud e le disuguaglianze erano grandi all'epoca, i diritti erano pochissimi
35:49e attraverso un'organizzazione tra i lavoratori e le lavoratrici hanno ottenuto una serie di
35:55diritti, no? Eh, però purtroppo poi i diritti sono un po' come una spugna, se tu poi rilasci
36:02non è qualcosa che resta fermo, che è immutabile. Quindi noi abbiamo tracciato una sorta di momento
36:10topico che sta all'interno degli anni 80, a un certo punto c'è stato un rilascio, c'è
36:16stata una disgregazione dell'elemento di classe, come veniva definito negli anni 60 e 70 in
36:21determinato modo specifico. E quindi ci siamo interrogati su, oggi c'è una composizione
36:27di classe, c'è qualcosa in cui i lavoratori, le lavoratrici si riconoscono, riescono a
36:31organizzarsi, proprio per ridurre quelle disuguaglianze. E quindi per farlo siamo andati al cosiddetto
36:38macrolotto 1 e 2 di Prato, dove per produrre dei vestiti, per produrre dei vestiti anche molto
36:46costosi, che probabilmente non tutti possiamo permetterci di acquistare, c'è una sorta di
36:54padronato, io poi devo utilizzare per forza delle parole che sembrano vecchie per raccontare
36:58questa realtà di oggi che ho visto, di origine cinese dove tu vedi il loro auto, vedi i loro
37:07vestiti, vedi il loro modo di vivere e dici ok, queste persone sono ultra ricche, vedi le
37:13persone che lavorano all'interno di questi capannoni e dici queste persone sono non lavoratori
37:18poveri, sono lavoratori sfruttati. E qui è interessante l'elemento perché noi prima
37:25abbiamo parlato di cittadinanza appunto, no? E in questo caso noi abbiamo notato che la
37:29questione del lavoro e della cittadinanza sono totalmente connessi, cioè non c'è una
37:35lotta sindacale per la cittadinanza o il servizio per ottenere il permesso di soggiorno
37:40che è staccato dal lavoro perché è profondamente connesso alle ore di lavoro che tu fai e che
37:46vengono registrate. Quindi c'è un utilizzo strumentale intorno alla cittadinanza in questo
37:50caso e quindi queste persone poi sono costrette a lavorare sette giorni per dodici ore. Quindi
37:56quando noi siamo arrivati lì e vediamo queste persone che non conoscevano l'italiano, che è
38:00un strumento di emancipazione fondamentale nel lavoro, ma alleggevano solo cinque per otto
38:05che decidevano di scioperare, di non entrare in fabbrica, abbiamo detto siamo tornati al
38:11novecento, siamo tornati all'ottocento, dove siamo qui?
38:15Senti Marco c'è anche un tema importante nell'evoluzione di queste battaglie sindacali
38:21o meno che è dato dalla precarietà, no? Che è un precariato, la precarietà del lavoro che
38:29emerge nel vostro reportaggio. Ci dice in 30 secondi come il precariato ha cambiato anche la
38:34lotta. Il precariato ha cambiato la lotta perché è sempre più difficile organizzare
38:38qualcosa che è intermittente. Noi per esempio abbiamo incontrato dei sindacati anche molto
38:42piccoli, alcuni addirittura fanno lo sciopero per gli altri, cioè ci sono camerieri o persone
38:49che lavorano all'interno della ristorazione, non possono scioperare in alcuni casi e c'è
38:54un gruppo, una sorta di scorta diciamo, che si occupa di farlo per loro, proprio perché
38:59addirittura non c'è questa possibilità, cioè rendere il lavoro intermittente e rendere
39:04anche una parte della propria identità intermittente, della propria vita e quindi della propria
39:07affermazione dei diritti di cui uno dovrebbe godere di base.
39:13Grazie Marco. Quando si parla di...
39:15Allora Marco ci ha parlato di sfruttamento e di sfruttamento parla anche il reportaggio
39:25di Virginia Tallone, Enrica Muragli e Chiara Zampiva. Quando si parla di orari di lavoro
39:37massacranti e di giornate di lavoro e di contratti, milianalmente è un po' quello che avete scritto
39:44anche voi, voi avete parlato di braccianti e della cosiddetta fascia trasformata. Che cos'è
39:51la fascia trasformata? La fascia trasformata sono 80 km di serre che vanno tra le province
39:59di Ragusa e Siracusa, quindi siamo nella Sicilia sudorientale e si chiama così perché le serre
40:05non hanno trasformato soltanto il paesaggio ma hanno anche profondamente mutato gli effetti
40:10sociali ed economici del territorio. In questa zona d'Italia lavorano circa 29 mila braccianti
40:17di cui la metà sono stranieri. Tra questi chi è fortunato prende 45 euro al giorno per
40:23102 giornate d'anno registrate. Di facciata va tutto bene nel senso che è uno stipendio
40:30coerente con il contratto nazionale e provinciale del lavoro agricolo. Quello che succede però
40:36in realtà è che queste persone lavorano il triplo delle giornate dichiarate e il loro stipendio
40:40è integrato in parte in nero, in parte dalla disoccupazione agricola a cui si accede proprio
40:45con un minimo di 102 giornate registrate. È il fenomeno che è noto come lavora grigio
40:50e che riguarda le campagne siciliane in realtà come quelle del resto d'Italia e contro cui
40:55la legge contro il caporalato alla 199 del 2016 in realtà risulta inefficace perché all'arrivo
41:00dei controlli questi lavoratori risultano effettivamente registrati in regola. A questo va aggiunto
41:07che perlomeno nella provincia di Ragusa che conta circa 8 mila aziende agricole all'epoca
41:13in cui scrivevamo c'erano due ispettori del lavoro quindi capiamo bene che il livello
41:17dei controlli è pressoché inesistente. Uno dei comuni centrali della fascia trasformata
41:22è il comune di Vittoria che ospita il più grande mercato ortofrutticolo del centro sud
41:26da cui il cibo arriva su tutte le tavole d'Italia ma anche d'Europa quindi è un polo assolutamente
41:31importante. A livello nazionale i dati ufficiali ci dicono che le persone straniere nell'agricoltura
41:37contribuiscono al 30% del settore e questi sono i dati ufficiali che ovviamente non tengono
41:43conto del lavoro grigio né tantomeno del lavoro nero. Quindi una fetta importantissima di ciò
41:50che ci mantiamo in tutto il mondo cioè del Made in Italy a cui il governo Meloni addirittura
41:54ha dedicato un ministero e raccolto da persone che in realtà a livello di cittadinanza politica
41:59e sociale sono invisibili. È un paradosso che rende questa cosa abbastanza inaccettabile
42:04cioè il fatto che una cosa che è indispensabile sia completamente senza diritti. Ci racconti
42:08che persone avete incontrato, chi sono e cosa pensano di questa?
42:13Sì, allora le persone in realtà almeno nella fascia trasformata provengono da zone molto
42:19diverse. C'è una maggioranza di persone che provengono dall'est Europa, Romania soprattutto
42:22e poi negli ultimi anni Africa, soprattutto Gambia, Senegal, però insomma la stratificazione
42:29è assolutamente ampia. Sono lavoratori e lavoratrici anche perché un terzo della mano
42:36d'opera è femminile, che è un altro dato interessante. E il dato ancora più interessante
42:40è che nella fascia trasformata gli stipendi e i diritti seguono una precisa gerarchia
42:45sociale. Cioè chi è arrivato da più tempo e ha un permesso di soggiorno arriva a 45 euro
42:50al giorno. Chi è arrivato da meno tempo e non ha i documenti 35, le donne 30. I diritti negati
42:58non hanno soltanto a che fare con il lavoro ma hanno a che fare anche con la sanità e
43:02con il diritto all'abitare. Abbiamo conosciuto persone che vivono in 15, in un garage, che
43:06pagano 1200 euro al mese, esposte al freddo, esposte al caldo e la cosa di cui sono più
43:12preoccupati non è tanto come stanno ma è che i loro documenti si rovinino, perché come
43:17si diceva prima, l'avere o non avere un documento non solo è fondamentale ma anche difficile
43:22da ottenere, sono insomma tempi biblici, percorsi labirintici e così via. Sono persone
43:29che per la maggior parte non conoscono né il nome dell'azienda per cui lavorano né
43:33spesso il nome dell'autore di lavoro che chiamano padrone anche da quelle parti.
43:38E Virginia che fine fanno queste persone in 10 secondi? Cioè quanto tempo lavorano in
43:43questi posti? Dipende, dipende da, ognuno ovviamente poi ha la sua storia, i suoi percorsi,
43:52c'è chi ha lavorato in diverse campagne in tutta Italia, anche in Europa, poi si è ritrovato
43:55a Vittoria nella fascia trasformata e dice che Vittoria è il posto peggiore, c'è chi
43:59magari poi attraverso dei percorsi magari di sindicalizzazione o attraverso conoscenze
44:04sul territorio e la creazione di una rete invece cambia il proprio lavoro, c'è chi magari
44:08a un certo punto ritorna al paese di origine, chi invece vuole spostarsi del tutto, la maggior
44:13parte da quello che abbiamo osservato noi rimangono incastrati in questo sistema di
44:17sfruttamento che poi di fatto non lascia tante alternative.
44:21Grazie mille e se vuoi restare qui intanto che Alessandro vuoi venire velocemente a Alessandro
44:27Leone a raccontare l'ultimo reportage che presentiamo oggi che in realtà è il primo
44:32del libro, è il primo capitolo del libro, Alessandro, i primi saranno gli ultimi giustamente,
44:39e Alessandro si è occupato di detenuti o meglio non proprio di detenuti ma di internati
44:45che è una definizione, io diciamo sono entrato negli ultimi OPG prima che chiudessero, insomma
44:50è una definizione che discende dai vecchi manicomi addirittura ma che non riguarda solamente
44:56i malati di mente tra virgolette ma che riguarda tante persone che in molti casi hanno già scontato
45:03la loro pena però non godono degli stessi diritti degli altri detenuti. Ci racconti un
45:11po' chi sono questi internati, cosa sono queste case di lavoro dove sei stato?
45:16Sì, io mi reputo fortunato da questo punto di vista nel senso che conosco una casa lavoro
45:20perché ce l'avevo vicino casa, cioè io sono cresciuto in un contesto con una struttura,
45:26un enorme casermone che a basso da dove vengo chiamano carcere ma in realtà non è un carcere,
45:32l'unica struttura ad essere quasi totalmente adibita a casa lavoro e la casa lavoro è una
45:37misura di sicurezza detentiva che noi ci portiamo dietro dal fascismo che è nata per persone
45:44dichiarate socialmente pericolose, quindi si fa sostanzialmente un giudizio prognostico
45:48sulla possibilità che loro in futuro possano commettere nuovi reati, quindi anche per questo
45:53è molto criticato. L'obiettivo è quello di reinserire le persone socialmente attraverso
45:59il lavoro però nel corso degli anni la casa lavoro è diventata anche qualcosa di diverso,
46:02un po' il parcheggio nel nostro sistema penitenziario perché ci sono figure etereogene e molto
46:07diverse tra loro, ci sono i cosiddetti delinquenti abituali, cioè le persone che compiono lo stesso
46:13reato in maniera reiterata, ci sono persone che vengono dalla criminalità organizzata e
46:17ci sono anche persone che sono affette da patologie psichiatriche e quindi collegate a questo
46:24sistema ci sono tutta una serie di frustrazioni e di paradossi a iniziare dal tempo di permanenza
46:28all'interno della casa lavoro perché mentre una persona che entra in carcere sa effettivamente
46:33il tipo di pena che va a scontare, quanto tempo restere in carcere, nella casa lavoro una
46:38persona riceve una misura di sicurezza che può andare da sei mesi a due anni e alla fine
46:42di questa misura di sicurezza magari c'è un riesame che porta a una proroga che non dipende
46:46dalla condotta della persona ma da fattori esogeni, per esempio non avere una residenza, avere una
46:52residenza dove hanno commesso un reato oppure non avere nessuno che si faccia carico di queste
46:57persone. Viene chiamato non a caso Ergastolo Bianco. Esattamente, loro lo chiamano Ergastolo
47:02Bianco perché è un tempo indefinito, rischiano di passare all'interno della casa lavoro più
47:05del tempo che hanno passato in carcere e non avendo ovviamente controllo sul loro destino
47:10hanno controllo solo sui loro corpi, per questo c'è un altro tasso di autolesionismo, tentativi
47:15di suicidio e suicidi che sono andati purtroppo a buon fine. E c'è anche un altro paradosso
47:19che ha a che fare proprio con le persone affette da patologie psichiatriche perché sono lasciate
47:23lì nell'attesa di essere prese in carico dalla sanità territoriale oppure dalle REMS e nel
47:29frattempo sono dichiarate inabili al lavoro per cui si trovano all'interno di una casa
47:33lavoro senza poter lavorare. Quindi da un lato c'è la frustrazione che riguarda i cosiddetti
47:38internati, questi chiamano internati per distinguere dei detenuti di un carcere, dall'altro c'è la
47:43frustrazione anche del personale che ha a che fare con la frustrazione degli internati, cerca
47:48di sopperire in qualche modo ma non ha gli strumenti per farlo, per come è concepito
47:51il sistema. Quindi nel reportage, per chi lo vorrà leggere, ci sono anche le voci del
47:57personale che lavora all'interno, per esempio funzionari giuridico-pedagogici che sono gli
48:01educatori che cercano lavoro all'interno della casa lavoro e anche all'esterno, però laddove
48:07la rete territoriale è molto scarsa non ci sono opportunità per ricominciare. Cito principalmente
48:13una realtà molto importante nel territorio che si chiama Fattoria Vita Felice, che è
48:17stata creata da un parroco di un paese vicino, Casalbordino, che è anche il cappellano della
48:22casa lavoro, che accoglie molte di queste persone e dà una nuova opportunità per ricominciare.
48:27Quindi mi sembrava giusto parlare di questo tipo di istituzione perché non mi sembrava
48:32giusto il fatto che solo perché riguarda l'1% della popolazione detenuta non se ne parlasse
48:37mai e non rientrasse neanche nelle riforme del sistema penitenziario.
48:41È molto giusto. Marina, abbiamo penso 45 secondi per...
48:46No, io non ho nulla da aggiungere se non ringraziare gli autori e autrici di queste, ora qui ne erano
48:55rappresentati 5 su 8, ma comunque una buona rappresentanza. E sottolineare solo un fatto,
49:02che questo, a mio modo di vedere, è davvero il giornalismo che ci serve. Cioè loro sono
49:10andati tutti a vedere sul campo, a vedere sul terreno, a parlare con le persone, a trovare
49:16delle storie e quindi anche temi di cui si parla a volte magari in modo astratto, invece
49:22qui sono tutti rappresentati in modo... con delle facce, con dei nomi e cognomi, con delle
49:29storie e in modo molto concreto. Quindi non posso fare altro che ringraziarli e mi sembra
49:36un ottimo modo... per noi è stato un ottimo modo di celebrare vent'anni di questa scuola
49:41di giornalismo. Questo libro, forse lo devo ricordare, adesso qui non siamo in una libreria,
49:47non è in vendita qui in questo momento, però è un edito dall'editore Altra Economia
49:53e serve a sostenere la scuola di giornalismo.
50:04E quindi concludo ringraziando ancora l'Onorevole Porta, che ci ha voluto portare qui.

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