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Il Piacere della Lettura: intervista a Roberta Recchia
Quotidiano Nazionale
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23/01/2025
L'intervista di Giulia Carla De Carlo a Roberta Recchia per Il Piacere della Lettura
Categoria
📚
Apprendimento
Trascrizione
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Benvenuti al Piacere della lettura, il vodcast di quotidiano nazionale dedicato ai libri,
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agli scrittori, alle scrittrici e alle storie. Con noi nei nostri studi la scrittrice Roberta
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Recchia. Ciao Roberta. Grazie, grazie mille per l'invito. Il libro di cui parleremo oggi è Tutta
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la vita che resta, edito da Rizzoli. Prima di parlare del libro voglio chiederti quanti premi
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hai vinto e se hai ancora spazio nella tua stanza. Allora in realtà di spazio nella mia stanza ce
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ne sarebbe, mancano però gli spazi adeguati perché non avevo mai preso in considerazione
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di dare alla mia stanza l'aspetto di qualcosa che potesse accogliere dei premi. Adesso siamo al
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quarto premio e quindi il primo a cui sono affezionatissima è il premio San Salvo, poi c'è
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il premio Io Donna, il premio Massa Rosa e poi sono terza classificata al premio Severino Cesari,
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all'interno di Umbria Libri. Ed è il tuo esordio, ed è il tuo esordio se iniziamo così, siamo già a
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metà dell'opera ma secondo me molto molto di più e hai fatto anche un libro molto particolare perché
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non è catalogabile in un genere, è stato problematico anche definirlo all'inizio giusto?
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Sì, tuttora ci sono delle opinioni discordanti su quale sia il genere più adatto, di base è un
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romanzo familiare proprio perché racconta la storia di una famiglia, 30 anni di vita di una
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famiglia, 1955-1985, però è anche un romanzo di formazione, c'è un tocco di giallo, ci sono
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delle storie d'amore, quindi un po' come succede nella vita, difficile mettere un'etichetta alla
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vita ed è anche difficile quindi collocare un romanzo che parla di vita in un genere specifico.
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Infatti il titolo lo specifica, tutta la vita che resta parla di vita e appunto non ha un genere
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proprio perché parla di vita. Puoi parlarci della genesi del tuo romanzo?
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Sì, la genesi del mio romanzo in realtà è molto semplice, è molto naturale perché io
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non costruisco a tavolino le storie, io entro in contatto in qualche modo con dei personaggi e
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lascio che questi personaggi mi raccontino le loro storie, se le storie mi conquistano,
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se mi colpiscono allora decido di impiegare il mio tempo a raccontarle.
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All'inizio del tuo libro Marisa, incontriamo Marisa, incinta, che il fidanzato lo voglia,
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no, lei tiene il bambino. In un momento in cui si parla di femminismo e di patriarcato,
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sono le donne come Marisa che inconsapevolmente femministe hanno dato l'avvio a questo movimento?
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Assolutamente sì, infatti a chi mi dice beh però Marisa è una figura un po' tradizionale,
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io dico che Marisa non è assolutamente una figura tradizionale, anzi è una figura importante
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perché è una figura di transizione, di mediazione, tra un'immagine femminile un po' legata al passato,
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perché Marisa aspira ad avere una famiglia, dei figli, non necessariamente ad avere un lavoro,
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lei aiuta il marito alla bottega ma perché ce n'è necessità, però nello stesso tempo anche
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nel modo in cui educa i suoi figli e soprattutto la sua secondogenita vediamo quanto Marisa è
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moderna, perché la educa ad esprimersi in modo libero senza avere falsi odori, senza reprimere
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la sua personalità che è spumeggiante, quindi Marisa è estremamente moderna, poi chiaramente
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non ha ancora quelle caratteristiche tipiche delle donne che sarebbero venute nei decenni
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successivi, però è sicuramente un personaggio importante di transizione. Parli molto dei tuoi
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personaggi perché sono loro che ti ispirano anche alla narrazione, il corpo centrale del tuo libro
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ha uno stupro, è scritto in maniera molto delicata nonostante sia molto violenta la scena,
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tu che senti i tuoi personaggi, come ti sei sentita mentre scrivevi questa scena? Allora
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in realtà la fase del coinvolgimento precede la fase della scrittura, perché la fase della
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scrittura deve necessariamente essere una fase un po' di distacco, perché se non c'è quel distacco
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è anche difficile poi lavorare con le parole in modo tecnico, in modo pratico, in modo giusto,
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in modo misurato, per cui se c'è un eccessivo coinvolgimento poi magari si tende a enfatizzare
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eccessivamente, per cui nel momento in cui scrivo la fase emotiva in qualche modo è già passata,
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me la lascio alle spalle per fare in modo di raccontare con il massimo equilibrio possibile
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quello che voglio raccontare, però con la memoria delle emozioni e delle sensazioni che ho provato
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durante la gestazione della scena, questo sì, chiaramente la memoria delle emozioni deve essere
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chiara, però in quel momento deve essere lucida per raccontarla nel modo più giusto. Quindi in effetti
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ci sono due passaggi? Due fasi diverse, quella della visione della scena che poi è un'ideazione,
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una costruzione, ma tutto in forma estremamente teorica e poi però nel momento in cui praticamente
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la scena prende vita è normale che ci vuole un distacco, almeno per quello che mi riguarda per me
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è necessario. Quando c'è una vittima di stupro o femminicidio emergono tante domande e le domande
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non sono chi è stato lo stupratore, ma com'era vestita, che tipo fosse la ragazza, se era libertina,
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se non lo era, tante domande che tu inserisci poi tra l'altro nel tuo libro. Secondo te, comunque si
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parla di una sorta di passato, anche se recente, secondo te ancora così sono queste le domande che
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le prime domande che si fanno le persone? Tristemente sì, nonostante la vicenda che io
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racconto, questo stupro, questo fatto drammatico appenga nel romanzo nel 1980, in realtà gli
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aspetti in comune con tanti fatti di cronaca che oggi riempiono i giornali sono tanti. Adesso
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sappiamo che quel processo che hai descritto tu si chiama vittimizzazione secondaria e cioè
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focalizzare troppo, anzi focalizzare in maniera totalmente errata su quelle che possono essere le
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responsabilità della vittima piuttosto che concentrarsi su chi il crimine l'ha commesso,
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cioè andare proprio a ricercare negli atteggiamenti, nei comportamenti prima e dopo la violenza
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delle forme di colpevolezza di un soggetto che in realtà è soltanto vittima. Uno dei personaggi più
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amati del tuo libro è Corallina e ci parli con Corallina che è una donna trans di disforia
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di genere, però in genere la diversità nel tuo libro è molto sottolineata ed è un pregio.
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Assolutamente, la diversità è un pregio, anche la diversità tra uomo e donna è una cosa che
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secondo me va valorizzata, cioè la conquista non sta nel fatto di dire siamo uguali, la conquista
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sta nel fatto di dire abbiamo pari valore che è una cosa ben diversa, io sono una grande sostenitrice
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della diversità, quindi madri diverse nel mio romanzo, quindi tante madri, la figura materna
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declinata in modi diversi, uomini diversissimi, cioè uomini orribili e uomini meravigliosi e poi
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c'è questa figura Corallina che forse tutte queste diversità in realtà le comprende dentro di sé.
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E parli anche di ceti sociali, ci sono ceti molto umili e anche borghesia, la borghesia non
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ne esce benissimo. Ma non ne esce benissimo però in realtà è un caso, anche questo non è che io
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avessi un preconcetto particolare rispetto a questa cosa, come non c'è un preconcetto nei
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confronti della della borghata, cioè nel romanzo non si dà per scontato che dalla borghata possa
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venire soltanto violenza o illegalità, quindi ogni personaggio ha una sua evoluzione, però
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in realtà non è che ho voluto dimostrare che la borghesia ne esce male, semplicemente ci sono
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dei personaggi che appartengono ai quartieri più popolari, ci sono dei personaggi che appartengono
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alla borghesia, ma in un'altra storia la situazione potrebbe essere assolutamente ribattata.
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Ci stai dicendo qualcosa di imprevisto? No, assolutamente no, nessuna anticipazione. Tu scrivi
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il segreto è l'amore che ti salva, sostiene con te il dolore affinché non ti schiacci, ti cura,
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è questo il segreto della vita? Io penso di sì, assolutamente, perché l'amore non è
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assolutamente vitale, c'è gente che vive tranquillamente anche in solitudine, quindi se
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si trova un equilibrio con se stessi e non si ha bisogno dell'amore degli altri, io lo dico sempre,
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io racconto una storia possibile, un'evoluzione possibile, una risposta possibile, ma poi ce ne
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sono tante. Certo è che soprattutto nei momenti di debolezza, di fragilità, di bisogno, ma anche nei
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momenti di felicità, parliamoci chiaro, quando ci accade qualcosa di bello il primo istinto che
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abbiamo è quello di andarlo a condividere con le persone che amiamo, quindi forse il segreto per
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l'equilibrio, per il benessere, sta nell'amore che riceviamo e che diamo. La particolarità dei
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libri scritti bene, che pongono tante domande, poche risposte e tante domande, tra le tante
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domande che tu ci fai fare è quella con Dio, cioè proprio la domanda con Dio e con la religione e
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tu racconti di tanti momenti belli, ma anche di momenti molto crudi, come ne abbiamo parlato
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prima, a quel punto dov'è Dio? Cioè la domanda è dove sei tu Dio quando ci sono queste...
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Allora la risposta ai miei personaggi, cioè la domanda ai miei personaggi se la fanno, se la fa
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addirittura una suora all'interno della storia, una suora a un certo punto che ha una sua fede
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ben solida, si ritrova con queste sue convinzioni che vacillano, tutti i personaggi si confrontano
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anche con l'ingiustizia che forse proviene da Dio. Ora qualcuno ha detto che il mio romanzo alla
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fine ha una risposta cattolica, io su questa cosa non sono d'accordo, perché è vero che a un certo
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punto, senza voler spoilerare, però in qualche modo il mio personaggio trova una forma di
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consolazione, ma trovare una forma di consolazione nella speranza non necessariamente corrisponde
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al trovarla in Dio. Avere fede nella speranza significa avere fede nel fatto che domani ci
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possa arrivare qualcosa di bello che restituisca un senso alla nostra vita, che non è una cosa
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che necessariamente deve provenire da Dio. Come il vaso di Pandora, tu hai aperto il vaso, tutti i
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sentimenti e le emozioni, anche quelle, soprattutto quelle crude, escono fuori e poi alla fine rimane
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la speranza e allora ti chiedo che cosa ne è di noi senza la speranza? È la fine, perché anche nei
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momenti più positivi della nostra vita c'è sempre qualcosa che ci manca, un vuoto secondo me
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dentro ce lo portiamo tutti e senza la speranza che tutti i nostri vuoti un giorno possano essere
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colmati sarebbe molto difficile vivere. Oggi al piacere della lettura abbiamo parlato di tutta
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la vita che resta, edito da Rizzoli, e tu Roberta quale libro consiglieresti per il piacere della
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lettura? Io per il piacere della lettura, visto che ultimamente si parla tanto di letture per
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i giovani, quanto è difficile avvicinare i giovani alla lettura o comunque a un tipo di lettura che
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piaccia agli adulti, voglio consigliare questo libro di Delphine de Vigan che si chiama
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Gli effetti secondari dei sogni, che è un libro che può essere letto tranquillamente da adolescenti e
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da adulti perché parla di un adolescente, la giovane Lou, che ha 13 anni, un'intelligenza
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straordinaria però ha problemi di relazione e di emozioni, tanto che va in giro a spiare le
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emozioni degli altri per capirne i meccanismi, lei è curiosa, vuole capire che cosa rende felice
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le persone e perché, e durante queste sue ricerche incontra una ragazza poco più grande di lei
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che ha 18 anni e che vive come una clochard e quindi cerca di capire il suo mondo, queste due
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persone così diverse si avvicinano e questa ragazza Randaggia, in qualche modo Lou cerca
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di adottarla, se volete sapere se ci riesce leggetelo, può essere letto da genitori e figli,
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può diventare anche un bellissimo spunto di riflessione. Grazie mille. Grazie.
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Grazie.
Consigliato
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