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DOSTOEVSKIJ, IL RACCONTO DEI SUOI PROTAGONISTI
Ilcinematografo
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27/11/2024
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Cortometraggi
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Un rapporto il vostro tra padre e figlia che vi ha una grandissima complessità e che si
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nutrirà durante la narrazione, come vi siete anche relazionati a distanza in questo set
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in cui nei fuori onda, nei fuori scena si vedeva anche che sorridevate, erate felici
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di essere così cupi. Un pochino per empatia, i registi non credo che si accerchino di attori
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o personaggi collaboratori non affini a loro, quindi è come se si staura un patto, se quell'attore
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piace ai registi, da qualche parte mi piacerà anche a me, e poi è sempre stato così, a
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parte uno scherzo sempre, in questo caso con Ambra, Carlotta, già dal provino, era
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speciale, proprio quello che accadeva, malgrado noi, vuoi perché avevamo una disperazione
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interna nostra speciale, vuoi perché, non lo so, quelli sono incontri nella vita, però
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è reale la cosa, infatti non c'è stato attrito nel lavoro, anche in scene in cui dovevamo
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essere molto arrabbiati, non c'è venuto per nessuno dei due da usare quelle meta cose
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di allora mi incazzo fuori o non ti parlo, il contrario, sei pronta per andarci a massacrare?
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Sì, andiamo amore, non ti offende? No, no, figurati. Un'altra sera in quella casa, che eri andata a cercare?
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Chiaramente io sono arrivata al provino, anzi ho fatto il provino, poi mi hanno chiamato e mi hanno
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detto torna che c'è Filippo Timi, insomma un attimo, e quindi per me è stato un'altra
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cosa ovviamente poter recitare con lui al provino per la prima volta è stato molto forte, però è
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vero che è stato un imprinting quasi, perché è successo qualcosa lì in quella stanza e poi come
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diceva Filippo c'è il motus operandi anche di Fabio e Damiano e questo è quello di creare una famiglia,
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è quello di creare il cazzeggio per poter andare nelle luci, nelle ombre di una vita che è incomplessa,
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che è profonda. E' successo un macello qui, tre vittime, un'intera famiglia, l'omicida ha lasciato una lettera piena di frasi senza senso.
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Vi ritrovate insieme su un set dopo Io sono l'abisso di Donato Carraghesi, l'abisso vi attrae in qualche
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modo, come vi siete trasportati in quest'altra dimensione, in quest'altro luogo crepuscolare?
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Federico l'ho conosciuto nella prima lettura su Io sono l'abisso, ci siamo usciti lì, dove già avevamo
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parlato dei fratelli d'innocenza mi ricorda, parlavamo di favolacce e poi ci siamo ritrovati
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su questo progetto qua, è stata per me una sorpresa fantastica e quando ho visto Fede ho detto si,
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Bagnè è l'attore perfetto per fare questa serie, l'ho convinto già da subito che ci avrebbe regalato
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tantissimo, tanta umanità al personaggio, lo so lo faccio imbarazzare tantissimo, il punto di
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condivisione, c'è stata questa conoscenza e questa esperienza insieme devo dire che abbiamo fatto un
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ottimo lavoro, poi Fede è un attore generosissimo, chiedeva sempre di fare delle prove e tante volte
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lui era fuori Roma, io a Roma, facevamo delle call dove facevamo dei ripassi per alcune scene
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che avevamo, devo dire che io lavorare così per me è un sogno, perché non sempre accade,
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nel senso avere uno slancio verso l'altro ecco, è puntuale oltre che meticoloso, un'altra sua qualità
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è il pieno di qualità, si dice che i giovani siano così, l'incontro con Gabriel è stato sì,
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ma ci eravamo già parlati perché io sono come molte persone innamorato follemente di
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Favolacce, dei fratelli di Innocenza, quando io l'ho visto la prima volta a una prova costume,
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io sono andato lì timidamente, quasi tremando, dicendogli posso dirti che per me sei un attore
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straordinario, ti ho visto in Favolacce, così è nata, quindi è per questo che lui adesso dice
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queste cose belle di me, perché è nata così, però sì, è stato magnifico, è stato magnifico
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perché quando trovi un talento come il suo e una passione insieme, che devi fare? Devi
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soltanto relazionartici e prendere tutto quello che ti arriva e cercare di dare tutto quello che vuoi
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Ti sei già fatto qualche idea sul caso? Ancora presto
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E quelle lettere?
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Dostoevsky è in qualche modo un atto di fede, anche se la ragione è sovrana, di questo luogo
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irrazionale dove tutto avviene e si aspetta appunto l'inevitabile ogni volta, i vostri
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personaggi cercano di allontanarsi da quell'abisso guardandolo, nella ragione, nell'umanità,
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come siete riusciti a interpretare, a vivere, a prendere i ritmi di questo cavalo selvaggio che
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è Dostoevsky? Siamo riusciti ciascuno a seconda del ruolo che aveva, nel senso che questo scrutare
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dentro l'abisso, nell'oscurità, per il mio personaggio vuole dire una cosa, per quello di
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Gabler probabilmente vuol dire un'altra e nel mio personaggio di Antonio sicuramente vuol dire
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vedere, sentire più che vedere qualcosa con la quale non si è in grado di relazionarsi, non si è
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in grado neanche di combatterla, né di farla propria, c'è chi la combatte, chi la fa propria
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in questa serie e lui rimane a mezza strada, il personaggio mio rimane a mezza strada, è vittima
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di ciò che succede alla fine. Il mio personaggio, Fabio Bonocore, in qualche modo viene convocato
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dal capo, qui Bonomolo, per risolvere questo caso, quindi in qualche modo viene messo al centro di
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questo piatto pieno di male e devo dire che è stato un lavoro molto complicato perché per me era
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da capire se dovevo cercare il male dentro me stesso, quindi anche nelle battute, nelle prime
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letture che facevo della sceneggiatura, cercavo proprio il male, mi sono messo a trovare il male
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e quindi cercandolo l'ho ritrovato anche su quello che erano le mie battute, su quello che erano anche
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le battute degli altri nei miei confronti e effettivamente io ho sentito tanto male anche
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nei confronti di Fabio e questa cosa mi ha portato a seguire una doppia linea,
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parallela ma che in qualche modo molto simile, che però diciamo ho seguito fino a certo punto,
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ma in qualche modo mi ha dato credo un colore che è quello molto più vicino al look della
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tinta della serie, che è quello del male. Perché hai lasciato solo a tua figlia? Perché l'hai
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abbandonata? Il caos in fila, la città dei figli sbagliati. Penso anche che Dostoevsky vi abbia
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aiutato a ritrovare un senso della parola male e anche della parola bene. Allora guarda, da poco
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un mio amico mi ha accennato che l'ultimo male che esce fuori dal vaso di Pandora è la speranza
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e mi ha intrippato. Perché pensare alla speranza come l'ultimo dei mali è forte,
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perché un po' è vero. Cioè la speranza può essere la cosa a cui ti appigli e che ti sostiene,
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però può anche essere che ti anestetizza, ti assuefa. Per me è chiaro che, come ti posso dire,
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è molto umano tutto quello che si racconta in scena. Ho capito che se magari non puoi salvare
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te, almeno devi salvare la parte più preziosa di te, che in questo caso è mia figlia. Questo ho
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capito un pochino del personaggio. Io sono giovane e lavoro da relativamente anche poco,
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quindi sono molto in movimento, come lo è Ambra alla fine. Sto crescendo, sto capendo,
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capisco senza realmente capire cosa sto capendo. Quindi non lo so, è difficile per me dire bene,
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male o quello che mi ha insegnato Dostoievski. So che è bello lavorare così, che è bello lavorare
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con Fabio Damiano, che è bello lavorare con attori come Filippo, perché ti puoi sentire
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al sicuro e veramente andare in luoghi oscuri e divertirti, nel senso proprio del termine per
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un'attrice diciamo. Quindi non lo so, ma lo sto scoprendo. Capisco perfettamente tutto quello
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che scrivi, perciò amico mio, scrivi.
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