SE QUESTO È UN UOMO.   BIELORUSSIA, POLONIA, E IL DRAMMA DEI RIFUGIATI(testimonianza social di Silvia Turiya Cavazzini ) di Antonella Pederiva

  • 2 anni fa
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo...

Sono un poeta. Le parole di Primo Levi continuano a girare vorticosamente nel mio cervello. Considerate se questo è un uomo, voi, che vivete tranquilli, come se tutto ciò che succede ad altri uomini non fosse affare vostro. E, insieme alle parole, girano le immagini. Me le ha inviate Silvia Cavazzini, dalla frontiera tra Polonia e Bielorussia. Silvia è un'attivista di Gandhi Charity, un'associazione senza scopo di lucro, con sede a Milano, i cui progetti sono essenzialmente volti a fornire assistenza ai rifugiati ed ai migranti. 
 
"Ciao, come state? Io sto qui a testimoniare che quasi un centinaio di persone stanno morendo a pochi chilometri da me e noi stiamo facendo il possibile, ma nessuno risponde ai nostri appelli. E loro intanto, ora dopo ora, stanno morendo nell'indifferenza generale, bloccati tra gli spari e i cani delle guardie di frontiera bielorusse che non li fanno tornare indietro e i lacrimogeni delle guardie di frontiera polacche che non li fanno andare avanti. Stanno perdendo contatto con la realtà, qualcuno inizia a delirare per la fame. E il numero di persone bloccate in questo limbo è destinato a salire nei prossimi giorni. Spero voi ve la stiate passando meglio, ma mi piacerebbe davvero sapere come state, cosa pensate di questa situazione." Questo scrive Silvia. E le sue non sono più parole. Sono pietre, pietre che seppelliscono ogni scusante, che non ammettono contraddittorio.

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