Sono stata tante volte girovaga di questa pianura e troppe volte ho poggiato l’orecchio sulla terra per udirne i movimenti, lo scalpiccio dei nomadi che cercavano come me una terra promessa. Ho affondato troppe volte le mie radici al terreno aspettando fiduciosa che arrivasse l’acqua, me ne distaccavo sempre secca e arida e più povera di sostanza. Cercavo in basso suolo fertile; arenaria, creta, argilla, febbrile frenesia, ansietà, non capivo dove, quale, fosse il luogo propizio e viaggiavo come un cieco in cerchio, elisse impazzita e ineluttabile. Ho alzato le mie braccia al cielo, forse sono queste le membra, la giusta prospettiva. Rami, non radici, che le nuvole accolgono colme della loro pioggia.