“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.” Lo dice la Costituzione che, come legge fondamentale dello Stato italiano, tutela il dovere di informare. Il lavoro dei media, in particolare, continua però ad essere minacciato su tutti i fronti, compreso nel quotidiano impegno del giornalista che, per mestiere e per passione, coltiva e difende il diritto all’informazione di tutti i cittadini. La giornata del 3 maggio è dedicata proprio a celebrare e a riflettere sullo stato di salute della libertà di stampa nel mondo e i dati diffusi come ogni anno da Reporters Sans Frontières non sono rassicuranti, se è vero che l'informazione libera è minacciata e non soltanto nei regimi totalitari. «La giornata mondiale della libertà di stampa – ha detto Maurizio Di Schino, giornalista e componente della Giunta Fnsi - è una giornata per ricordare che è quotidiana la lotta dei giornalisti per mantenere saldo il dovere di informare, un dovere che è riconosciuto dall’articolo 21 della Costituzione e in questo momento nel nostro settore il lavoro è diventato una merce pagata al ribasso». Un mestiere sottopagato, ma con tante responsabilità e che vede nel salario quindi una limitazione della libertà stessa, come ha ricordato anche la segretaria generale della Fnsi, Alessandra Costante, riflettendo su quanto una collaborazione – pagata tre euro al pezzo – possa minare la libertà di stampa. «La giornalista e il giornalista, quando è sottopagato, quando non è pagato, non è più libero. C’è un’altra libertà di stampa che bisogna assolutamente tutelare e bisogna battersi per difenderla: quando mettono il bavaglio alla stampa, quando i grandi poteri vogliono mettere il bavaglio alle giornaliste e giornalisti. Questo non va bene perché è una minaccia alla costituzione». Dall’ultimo rapporto annuale sulla libertà di stampa mondiale prodotto da Reporter Senza Frontiere, la libertà di stampa è minacciata proprio dalle autorità politiche, ossia da coloro che dovrebbero esserne i garanti. In un contesto globale con colori sempre più foschi, l’Italia risulta al 46° posto: qui – secondo tale report - alcuni gruppi politici alimenterebbero odio e sfiducia nei confronti dei giornalisti, ma il problema è ancora più globale. Gli attori politici, in tre quarti dei Paesi presi in considerazione, risultano spesso coinvolti nella propaganda o nelle campagne di disinformazione. Riflettere è, quindi, la prima cosa da fare e una giornata mondiale serve proprio a questo, a smuovere le coscienze del cittadino e di chi svolge quotidianamente questo mestiere.
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