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“In giappone c’è un grande senso di appartenenza alla famiglia e c’è un’attenzione verso gli anziani affinché si mantengano attivi negli ultimi anni di vita. In Italia non c’è abbastanza engagement in questo senso, soprattutto al termine della vita lavorativa”. Lo ha detto all’Adnkronos Cecilia Tomassini, professore di Demografia all’università degli Studi del Molise, intervistata al Padiglione Italia all’esposizione universale di Osaka.

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Transcript
00:00L'Italia e il Giappone sono andati diciamo sullo stessa direzione in termini demografici partendo
00:10da nazioni ad alta fecondità e alta mortalità. Dagli anni cinquanta in poi hanno ridotto fortemente
00:18entrambe le componenti demografiche e su questo sono davvero molto molto simili. I livelli di
00:25fecondità italiana e giapponesi sono molto simili, il Giappone ha una longevità un pochino più alta ma
00:31più o meno siamo a quei livelli. Forse la caratterizzazione dell'Italia rispetto al
00:38Giappone è diversa appunto è quella del fenomeno migratorio, laddove in Italia questo fenomeno
00:44che è cominciato dalla fine degli anni novanta per tutto l'inizio del nuovo secolo ha contribuito
00:50in parte al non avere una popolazione così invecchiata come quella giapponese.
00:56Quello che so della cultura giapponese di life aging ad esempio è questo grande senso
01:03dell'appartenenza sia familiare che sociale che è molto importante per rendere diciamo
01:11attivi gli ultimi anni della vita, cosa che in Italia c'è un po' di disengagement,
01:17un po' di diciamo abbandono dopo soprattutto dopo la fine della diciamo dell'esperienza
01:24lavorativa. È vero che la famiglia è ancora molto importante in Italia e questo contribuisce
01:29a rendere gli anziani attivi nella vita familiare ma forse un po' più di presenza nel sociale
01:37sarebbe importante per gli anziani italiani.

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