Il risultato di Genova spiega molto bene perché Giorgia Meloni ha tanta voglia di cambiare la legge elettorale, perché dimostra che quando il campo extralarge, cioè l'intera opposizione, si mette insieme, diventa competitiva col centrodestra, almeno dal punto di vista numerico. Poi evidentemente, la compattezza programmatica e di leadership che richiederebbe una vittoria alle elezioni politiche cosa ben diversa da quella che basta per conquistare il sindaco di una grande città.Ma questo è un altro discorso più politico. Restiamo alla legge elettorale. Siccome è quasi scontato che il campo largo troverà un modo per allearsi alle prossime elezioni politiche e lo stesso Franceschini ha finito col mettere la pulce nell'orecchio al centrodestra quando ha annunciato, forse anzitempo, la sua proposta di andare separati nel proporzionale ma uniti nei collegi. Ed è chiaro che molti dei collegi che andarono persi alle ultime elezioni politiche per la divisione tra Pd e cinque Stelle stavolta potrebbero andare al campo largo.E Giorgia Meloni lo sa e quindi sa che le converrebbe eliminare i collegi uninominali e tornare al proporzionale. Ora, a parte il fatto che in Italia ognuno si fa le leggi elettorali a suo piacimento, a sua convenienza e però di solito perde le elezioni dopo averle cambiate. Quindi attenzione. Il problema di Giorgia Meloni non è tanto se farlo e come farlo, perché se prevede un premio di maggioranza per la coalizione, allora il rischio che il campo extralarge (cioè Schlein più Conte più Bonelli più Renzi) lo conquisti esiste.D'altra parte bisogna sbrigarsi perché la scossa elettorale giunta da Genova può arrivare addirittura centuplicata in autunno, quando voteranno, a parte la Valle d'Aosta, cinque regioni a statuto ordinario, di queste tre in tre e il centrosinistra parte favorito e cioè Toscana, Campania e Puglia e nella quarta, le Marche, c'è una forte probabilità possibilità di riconquistarla.Allora se il centrodestra vincesse solo in Veneto, cioè una su cinque, per Giorgia Meloni sarebbe arrivato il tempo di affrettarsi e di porre rimedio alla situazione delicata che si sta creando nel solito modo cambiando la legge elettorale.