Roma, 1825. Il ciabattino Cornacchia, pavido e disincantato, divide lo stesso tetto con la bella ebrea Giuditta, ne è innamorato ma purtroppo non è molto ricambiato dalla donna. Giuditta stravede infatti per il dottor Montanari, affascinante carbonaro che cospira contro il potere temporale del Papa. Una notte Montanari e un cospiratore più giovane, Angelo Targhini, accoltellano un loro compagno che ha tradito, ma l’uomo resta in vita. Il colonnello Nardoni cerca di far parlare la vittima, mentre nella notte desertificata dal coprifuoco continuano ad apparire, appese alle statue, le «Pasquinate», brevi componimenti satirici e anonimi in versi che se la prendono soprattutto con il potere papale. Nell’anno del Signore è principalmente "spettacolo" e in esso è compreso del resto anche questo immediato sistema di rimandi all’attualità, mirati a dimostrare con spirito di buonsenso ed etica popolare che la storia di ieri è la stessa di oggi. Nessuna fiducia nel potere, e nessuna fiducia nel popolo. Pessimismo e arioso intrattenimento di massa, garantito da un manipolo di volti noti in grande spolvero. Tra i quali, fa piacere ricordare soprattutto la prova di Alberto Sordi, che esordisce nel film con l’approccio del macchiettone comico per condurre poi il suo personaggio di fraticello verso una dolorosa presa di coscienza. Nel finale, la sua invocazione di assoluzione per i condannati, ai piedi della ghigliottina, è effettivamente struggente. Un grido imprevedibilmente drammatico, una sincera fede cristiana ferita nei suoi valori. La maschera tragica di Sordi, per poco più di un frammento narrativo.