Trent'anni di arte. Vita. Sogni. Passioni. Ricordi. Politica. Veli e sguardi. Chador e gesti di ribellione. Al PAC di Milano, fino all'8 giugno, è aperta la mostra Shirin Neshat Body of Evidence. Opere (di tutti i generi, location, medium: senza confini) dell'artista iraniana, oggi cittadina statunitense, più famosa del mondo. Fotografa, regista, scrittrice: artista, donna, essere umano. Negli spazi del museo d'arte contemporanea milanese scorrono trent'anni di carriera dell'artista attraverso una decina di video-installazioni e quasi 200 opere fotografiche. La più grande personale mai dedicata a una delle figure più centrali della scena contemporanea, autrice di immagini entrate nell'immaginario collettivo. Spiega lei stessa: «Quando guardo questa mostra è come se stessi guardando la mia vita: il viaggio di un'iraniana che ha vissuto fuori dalla sua patria». Questioni di potere, religione, razza e relazioni tra passato e presente, Oriente e Occidente, individuo e collettività. La lente attraverso cui Shirin Neshat interpreta la storia e la contemporaneità non solo del suo Paese d'origine, ma del mondo intero, è lo sguardo delle donne. Che nei suoi lavori assume una forza e una chiarezza estreme, e diventa sia arte sia qualcosa che va oltre. Che penetra più a fondo nella società e nelle coscienze. E i lavori cambiano anche la prospettiva del pubblico. Dice ancora Neshat: «Nelle mie fotografie ho sempre voluto che lo spettatore non solo guardasse, ma anche si sentisse guardato. Come pubblico siamo abituati a guardare all'arte, ma gli spettatori devono essere parte dell'opera in un certo senso. Mi piace l'idea che le persone vadano nella Land of Dreams e siano circondati da occhi, proprio perché c'è una relazione che rende lo spettatore un partecipante all'opera». Da qualche parte c'è perfino qualcuno che spia i nostri sogni, il senso di minaccia incombente ci accompagna. Ma la mostra e la persona di Shirin Neshat ci ricordano che nessun destino, per quanto possa apparire manifesto, è immutabile. E nessun luogo è, in fondo, così lontano.