"L'Italia è il Paese che amo", 30 anni fa il discorso della 'discesa in campo' di Berlusconi - Video

  • 4 months ago
(Adnkronos) - 'L'Italia è il Paese che amo...'. Trenta anni fa Silvio Berlusconi registrò il famoso video messaggio del 'miracolo italiano' in una sorta di cantiere aperto trasformato per l'occasione in set televisivo. Tra calcinacci, sacchetti di cemento e polvere. L'allora imprenditore brianzolo, che aveva fatto successo con la costruzione di Milano 2 e la tv commerciale, annunciò il 26 gennaio 1994 la discesa in campo con Forza Italia non nel suo studio ad Arcore, ma a Macherio. E non all'interno della villa, dove viveva con la moglie Veronica Lario, ma tra i lavori in corso di uno spazio nel giardino, che un giorno sarebbe diventato una dependance di lusso, con uffici e biblioteca del presidente. Non c'erano neanche le finestre, solo muri scrostati.  Era un mercoledì pomeriggio, fuori nevicava. Il leader azzurro aveva nei giorni precedenti più volte rimaneggiato, corretto e soppesato, persino nelle virgole, il testo insieme ai più stretti collaboratori. C'erano state varie prove tecniche per le luci e l'audio. Al D-day, però, per lanciare la sua candidatura politica il Cav fece una sola registrazione. Fu una corsa contro il tempo, tutti erano preoccupati di non farcela. Da Macherio bisognava scappare a Milano per consegnare le videocassette a tutti i tg della sera. Il video durava 9 minuti e 30 secondi e avrebbe rivoluzionato la comunicazione politica italiana. La cassetta Beta fu inviata a tutti i tg, Emilio Fede mandò l'integrale. "L'Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà. Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica -spiegava Berlusconi- perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare". Per "poter compiere questa nuova scelta di vita", continuava, "ho rassegnato oggi stesso le mie dimissioni da ogni carica sociale nel gruppo che ho fondato. Rinuncio dunque al mio ruolo di editore e di imprenditore per mettere la mia esperienza e tutto il mio impegno a disposizione di una battaglia in cui credo con assoluta convinzione e con la più grande fermezza". Subito compare il 'pericolo comunista': "So quel che non voglio e, insieme con i molti italiani che mi hanno dato la loro fiducia in tutti questi anni, so anche quel che voglio. E ho anche la ragionevole speranza di riuscire a realizzarlo, in sincera e leale alleanza con tutte le forze liberali e democratiche che sentono il dovere civile di offrire al Paese una alternativa credibile al governo delle sinistre e dei comunisti". Berlusconi parla della necessità di mettere in piedi un Polo che si opponga alle 'sinistre': ''La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi. L’autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti, lascia il Paese impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica. Mai come in questo momento l’Italia, che giustamente diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza consolidata, creative ed innovative, capaci di darle una mano, di far funzionare lo Stato". Il "movimento referendario ha condotto alla scelta popolare di un nuovo sistema di elezione del Parlamento. Ma affinché il nuovo sistema funzioni, è indispensabile che al cartello delle sinistre si opponga, un polo delle libertà che sia capace di attrarre a sé il meglio di un Paese pulito, ragionevole, moderno. Di questo Polo delle libertà dovranno far parte tutte le forze che si richiamano ai principi fondamentali delle democrazie occidentali, a partire da quel mondo cattolico che ha generosamente contribuito all’ultimo cinquantennio della nostra storia unitaria. L’importante è saper proporre anche ai cittadini italiani gli stessi obiettivi e gli stessi valori che hanno fin qui consentito lo sviluppo delle libertà in tutte le grandi democrazie occidentali". Quegli "obiettivi e quei valori che invece non hanno mai trovato piena cittadinanza in nessuno dei Paesi governati dai vecchi apparati comunisti, per quanto riverniciati e riciclati. Né si vede come a questa regola elementare potrebbe fare eccezione proprio l’Italia. Gli orfani i e i nostalgici del comunismo, infatti, non sono soltanto impreparati al governo del Paese. Portano con sé anche un retaggio ideologico che stride e fa a pugni con le esigenze di una amministrazione pubblica che voglia essere liberale in politica e liberista in economia". "Le nostre sinistre -avvertiva- pretendono di essere cambiate. Dicono di essere diventate liberaldemocratiche. Ma non è vero. I loro uomini sono sempre gli stessi, la loro mentalità, la loro cultura, i loro più profondi convincimenti, i loro comportamenti sono rimasti gli stessi

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