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  • 01/07/2025
Bruce Springsteen è tornato a San Siro e ha messo in scena molto più di un concerto: è stato un rito collettivo, una dichiarazione d’intenti, un messaggio di resistenza in musica. Di fronte a 58mila persone, il Boss ha suonato con l’energia di sempre e un’urgenza nuova, indossando camicia, gilet e cravatta. Un’eleganza insolita, quasi austera, in una serata che sembrava avere il peso della Storia.

A quarant’anni esatti dal suo debutto nello stadio di Milano nel 1985, Springsteen ha aperto con No Surrender e ha subito lanciato il suo messaggio. «Benvenuti nel tour della terra della speranza e dei sogni», ha detto al pubblico, mentre sugli schermi scorrevano i sottotitoli in italiano. «La potente E Street Band è qui stasera per invocare il potere virtuoso dell’arte, della musica, del rock’n’roll in tempi pericolosi. A casa mia, l’America che amo, l’America di cui ho scritto, che è stata un faro di speranza e libertà per 250 anni, è attualmente nelle mani di un’amministrazione corrotta, incompetente e traditrice. Stasera chiediamo a tutti coloro che credono nella democrazia e nel meglio del nostro esperimento americano di unirsi a noi, alzare la voce contro l’autoritarismo e far risuonare la libertà».

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Il discorso politico durante il concerto a Milano di Bruce Springsteen
Non è certo la prima volta che Bruce Springsteen prende posizione, ma mai prima d’ora lo aveva fatto con tanta insistenza durante uno show. Prima di Rainmaker, ha aggiunto un commento secco e tagliente: «Quando le condizioni di un Paese sono mature per un demagogo, puoi scommettere che si presenterà. Questo è per il caro leader americano». Più avanti, prima di Long Walk Home, ha spiegato che quella era «una preghiera per il mio Paese».

Il passaggio più intenso è arrivato però prima di House of a Thousand Guitars. Springsteen ha abbassato la chitarra, si è fermato a guardare il pubblico e ha parlato con voce ferma, accompagnato dalla traduzione sullo schermo: «Ho trascorso la mia vita cantando del mio Paese, dei successi ottenuti e delle mancanze nel realizzare i nostri ideali civici e i nostri sogni. Ma in questo momento nella mia patria stanno accadendo cose che stanno alterando la natura stessa della democrazia del mio Paese e che sono troppo importanti per essere ignorate».

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Bruce Springsteen e l'attacco a Trump
Ha evocato persecuzioni contro la libertà di parola, abbandono dei bambini poveri alla malattia, smantellamento dei diritti civili, repressioni nelle università che non si piegano alle ideologie, deportazioni arbitrarie e sostegno a dittatori in luogo degli alleati. Poi ha puntato il dito contro la classe politica: «La maggior parte dei nostri rappresentanti eletti non è riuscita a proteggere il popolo americano dagli abusi di un presidente inadatto e di un governo corrotto. Non hanno alcuna idea di cosa significhi essere profondamente americani».

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Speranza e resistenza: la chiusura simbolica dello show
Eppure, come spesso accade nei suoi racconti, Springsteen ha lasciato spazio alla speranza. «L’America di cui vi ho parlato per 50 anni è reale e, nonostante i suoi molti difetti, è un grande Paese con un grande popolo, e noi sopravviveremo a questo momento. Ho speranza perché credo nella verità di ciò che disse una volta il grande scrittore americano James Baldwin. Egli disse: “In questo mondo non c’è tutta l’umanità che si vorrebbe, ma ce n’è abbastanza”».

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Da lì in poi, il concerto ha preso una piega più liberatoria. Con The Rising e Badlands ha incanalato la tensione verso l’energia, fino alla serie di classici come Born in the U.S.A., Born to Run e Dancing in the Dark, cantati a squarciagola da uno stadio ormai completamente in piedi. L’epilogo è stato affidato a Chimes of Freedom di Bob Dylan, una scelta simbolica che suona come un monito: libertà, poesia e resistenza, in una sera in cui Bruce Springsteen non si è limitato a cantare, ma ha voluto dire – chiaramente, senza ambiguità – da che parte stare.

«Grazie per avermi ascoltato. Grazie», ha detto prima di lasciare il palco, congedandosi come aveva cominciato: sobrio, determinato, politico. Un artista che non si tira indietro. Mai.

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Trascrizione
00:00I spent my life singing about my country and where we have seceded and where we have come up short in living up to our civic ideals and our dreams.
00:22But things are happening right now in my home that are altering the very nature of my country's democracy and are too important to ignore.
00:38Every country, every home, each has their own problems.
00:53So first, let me thank you for indulging me in mine tonight.
01:00Thank you.
01:03Bless you.
01:09But in America, in America, my home, they are persecuting people for using their right to free speech and voicing their dissent.
01:21This is happening now.
01:25In America, the richest men are taking satisfaction in abandoning the world's poorest children to disease and death.
01:35This is happening now.
01:42In my country, they're taking sadistic pleasure in the pain they inflict on loyal American workers.
01:49They're rolling back historic civil rights legislation that's led to a more just society and that people fought and died for.
02:00They're abandoning their great allies and siding with dictators against their struggle and confusion.
02:12They're defunding American universities that won't bow down to their ideological demands.
02:18They are removing residents off American streets and without due process of law, deporting them to foreign detention centers and prisons.
02:38This is all happening now.
02:45The majority of our elected representatives have failed to protect the American people from the abuses of an unfit president and a rogue vote.
02:57They have no concern or idea for what it means to be deeply American.
03:13The American, the American that I've sung to you about for 50 years is real and regardless of its many faults, is a great country and is a great people and we will survive this moment.
03:32I have hope because I believe in the truth of what the great American writer James Baldwin said.
03:45He said, in this world, there isn't as much humanity as one would like, but there's enough.
03:56that's a kind ofwriting culture.

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