Polonia: montano le proteste contro il governo
  • 7 anni fa
Delle oceaniche manifestazioni di domenica davanti al Parlamento polacco non resta che uno sparuto drappello di coraggiosi, ma il proseguimento dell’occupazione di alcuni locali da parte di esponenti dell’opposizione rivela la più grave crisi istituzionale da anni. A dare fuoco alle polveri il progetto della maggioranza conservatrice di limitare accesso e copertura dei media alle sedute parlamentari.

“If the opposition isn’t allowed to vote...then Poland is heading towards what we can term ‘electoral dictatorship’ https://t.co/3hjJ9n8RIL— Anne Applebaum (@anneapplebaum) 18 dicembre 2016

“Se all’opposizione non è permesso votare – scrive la giornalista del Washington Post Anne Applebaum – allora la Polonia sta andando verso quella che possiamo chiamare una ‘dittatura elettorale’...

“Non ce ne andremo finché non otterremo dei risultati – dice un manifestante -, fino a che il processo democratico non sarà ripristinato e la stampa non avrà libero accesso a questo edificio, che è il tempio della nostra democrazia”.

Al centro delle critiche il leader del partito di governo conservatore Diritto e giustizia, Jaroslaw Kaczinski, che sembra abbia tuttavia nel frattempo aperto a una marcia indietro sul controverso progetto. Insieme ad altri uomini del suo partito e al portavoce della Camera bassa, Kaczinski figurava lunedì sulla lista degli incontri che il presidente Duda sta tenendo per cercare di disinnescare la crisi politica. Alla vigilia, il Capo di stato aveva incontrato diversi esponenti delle forze di opposizione.

Poland president in crisis talks on third day of protests https://t.co/vkxHpaTBQ8— AFP news agency (@AFP) 18 dicembre 2016


In migliaia, domenica, avevano reso omaggio al Presidente della Corte Costituzionale Andrzej Rzeplinski, oggi alla fine del suo mandato, per la sua opposizione a diverse iniziative del governo. A gettare benzina sul fuoco delle polemiche è intanto anche il voto sulla nuova legge di bilancio, che l’opposizione ha boicottato venerdì, invocando l’assenza di dibattito e di contraddittorio.
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