Arrestati ad Andria membri del clan Pesce-Pistillo

  • 7 anni fa
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Nelle prime ore della mattinata odierna oltre quaranta agenti della Polizia di Stato della Squadra Mobile di Bari, del Commissariato di Andria e del Reparto Prevenzione Crimine, con l’ausilio del Reparto Volo di Bari, hanno dato esecuzione a nove provvedimenti della Procura Generale della Repubblica di Bari, con cui si disponeva la cattura e conduzione presso il Carcere di Trani di alcuni membri del clan Pesce-Pistillo quali: Bruno Nicola dell’87, Mangino Salvatore del 69, Pistillo Rosa del 63, Pesce Oscar Davide dell’89, Memeo Giuseppe del 58, Leonetti Riccardo dell’88, Leonetti Antonio del 73, Leonetti Vincenzo del 79, Mansi Cosimo Damiano dell’82.

La Cassazione, respingendo i ricorsi degli interessati, ha reso esecutivi i provvedimenti di restrizione che prevedono per gli arrestati svariati anni di carcere, arrivando per alcuni a dover scontare pene superiori agli 11 anni di reclusione.

L’attività è la naturale conclusione delle precedenti operazioni “Grande Fratello” e “Apocalisse”, eseguite ad Andria nel corso del 2012 e 2014, con cui venne letteralmente sgominato il clan composto da oltre 60 solidali, operante ad Andria e facente capo a Pesce Luigi, soggetto attualmente detenuto e condannato a scontare circa 12 anni di carcere, per il quale pende ancora il giudizio della Cassazione.

In aggiunta alle misure detentive, l’organizzazione è stata colpita da svariate misure patrimoniali che hanno portato al sequestro di beni immobili per un valore superiore al milione di euro, tra cui un lussuoso appartamento ubicato in via Santa Chiara, proprio al centro di Andria, simbolo del potere acquisito nel tempo dal gruppo criminale, ubicato esattamente all’epicentro di quello che era divenuto il feudo del gruppo.

Oltre 350 anni di carcere complessivi tra tutti gli indagati per l’attività delinquenziale posta in essere dai solidali, quasi quarant’anni di carcere si concretizzano per i soli soggetti catturati nella nottata odierna. Al clan è stata altresì riconosciuta l’aggravante di avvalersi di metodi mafiosi per porre in essere la propria attività criminale.

Il gruppo operava nel cuore della città di Andria, esattamente nel centro storico, ponendo in essere un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti capillarmente e militarmente organizzata mediante collaudati sistemi di “vedette” e “fattorini”, il tutto sotto l’occhio vigile del capo clan, sempre presente nella principale piazza controllata quale Piazza Manfredi, anche con l’utilizzo di armi.

Le investigazioni attuate denotarono senza dubbi la presenza di una fitta rete di spacciatori e clienti, anche abituali e spesso provenienti dalle limitrofe città, che si recavano nel centro cittadino per l’acquisito delle sostanze stupefacenti; quadro probatorio oggi definitivamente consacrato anche dalla Suprema Corte di Cassazione.

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