Saverio Masi ad Andria - il Maresciallo dei Carabinieri che parla della trattativa Stato - Mafia

  • 10 anni fa
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► Iscriviti al nostro canale! » http://goo.gl/LaCpB3 « Uno Stato che non vuole, e non ha voluto in passato, arrestare il superlatitante Matteo Messina Denaro così come è accaduto prima ancora con un altro capomafia illustre, il corleonese Bernardo Provenzano. Questa l'impressione che si ha nell'ascoltare il racconto del maresciallo capo Saverio Masi, tempo fa investigatore a caccia dei latitanti e oggi caposcorta del pm Nino Di Matteo che indaga sulla trattativa Stato-mafia.

Scriveva Paolo Borsellino nel 2013 sul Fatto Quotidiano: "Quest'uomo ha investigato per anni la criminalità organizzata, prima la camorra a Napoli e poi la mafia a Palermo, molto spesso utilizzando auto private, pagando la benzina e le riparazioni necessarie di tasca sua; deve ancora compilare decine e decine di richieste di rimborso che spettano ai carabinieri che rimangono oltre un certo limite di ore lontano dalla città dove prestano servizio, per un ammontare complessivo che supera di gran lunga i centosei euro della multa da cui è scaturito questo processo penale. Rimborsi che Masi non ha mai avuto intenzione di chiedere. Possiamo credere che sia diventato tutto ad un tratto così attaccato ai soldi da commettere dei reati che gli avrebbero fatto rischiare la destituzione da un lavoro che, per sua stessa ammissione, ama?

La seconda considerazione è relativa alla figura di testimone di Saverio Masi che, depose il 21 dicembre 2010 nel processo contro il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu per la mancata cattura di Bernardo Provenzano e che deporrà nel da poco aperto processo per la trattativa Stato-mafia per riferire, come si legge nella lista testimoniale della procura, sugli "ostacoli incontrati nell'ambito della sua attività investigativa finalizzata alla cattura di Bernardo Provenzano".

Ma la considerazione più importante che ci sentiamo di fare riguarda l'ipocrisia di uno Stato che costringe i suoi servitori ad uscire fuori dalle "regole" (utilizzando, per esempio, autovetture private per assenza di disponibilità o per ragioni di "sicurezza") per continuare ad arrestare latitanti e che poi li lascia al loro destino quando, per una ragione o per un'altra, queste procedure ufficiose diventano oggetto di azioni disciplinari o, peggio, penali. "